Ore 11.
Mi alzo sentendomi un portacenere.
Deprezzo l’esistenza delle undici di mattina lasciando le tende chiuse. Il sole evidenzia gli orrori.
Chiunque entri nella mia cucina di giorno, compresa io, viene colto da tachicardia.
Con il sole non riesco a guidare. Fastidiosi segnali stradali di limite velocità diventano improvvisamente visibili e distraggono l’attenzione.
Il colore dei semafori non si riflette sul cruscotto e devo addirittura fissarli.
Non sopporto i parcheggi sotterranei dove l’omino incidendo le sue impronte digitali sul cofano della tua macchina insiste: lasci pure le chiavi sul sedile, le spostiamo noi l’auto.
No.
Innanzitutto nel bagaglio ho un numero enne di scarpe, stivali e giacche.
Della stessa taglia di sua moglie.
Ho una stecca di barclay sotto il sedile ma andare in giro con la stecca sottobraccio non mi sembra estetico.
Se si raccolgono le monete sotto i sedili vengono fuori sedici pacchetti di sigarette. E io ho estremamente bisogno di avere un deposito dilatato e non localizzato di euro last minute.
Poi. Osservando lo sguardo amoroso che tutti gli omini dedicano alla mia auto, dovrei capire che l’hanno selezionata per fare un salto al GS. Ma controllare il contachilometri in questo momento mi sembra un lavoro.
Cammino in galleria. L’ultima volta che sono stata in statale erano 10 anni fa. Ho esaminato i corsi di filosofia e le condizioni del cesso. Due minuti dopo ero in un bar a fumare una sigaretta e a mettere una X sul mio blocnotes alla voce Università Statale.
Detto questo. Non mi ricordo la strada ma basta seguire la massa con le scarpe da ginnastica consumate.
L. viene a prendermi all’entrata, in scarpe da ginnastica. Dopo dodici NO a dodici marocchini che vogliono vendermi il cd di tiziano ferro dico NO anche a tutti i rasta che incontro, per sicurezza.
Ah.
La donna della mia vita, M., punto di riferimento universale, si laurea in odontoiatria.
Odontoiatria. Considerate per un attimo quanta placca ho dovuto ritoccare in photoshop per le slide powerpoint. Questa è la mia laurea. Signori. I miei fotoritocchi.
Ho portato un ppt con il prima e il dopo da mostrare alla commissione. Voglio il libretto verde.
Lei è una figa spaziale. Unita ai miei sfondi delle slide, in confronto agli sfondi “goccioline”, “maremoto”, “puzza di piedi” di default in powerpoint che portano gli altri neolaureandi, ha già vinto. Peccato per la sua passione per le ombreggiature. Ma.
Comincia a parlare di qualcosa che ho letto sulla tesi senza capire un cazzo. E in effetti, capisco solo una serie di preposizioni arricchite da oscuri sostantivi odontotecnici.
Scopro che amo sentirmi ignorante.
Poi, domanda del professore di anatomia, non prevista. Mi chiedo se non posso alzarmi con in mano una paletta e dichiarare alla giuria che non era prevista.
M. risponde con la sicurezza di uno schiacciasassi. Il fatto che potevano benissimo essere opinioni improvvisate non importa. Importante in una laurea è solo il tono profetico.
Il ragazzo successivo, gigi, parla dell’e-learning odontoiatrico. Ecco, ce l’ho. Qui capisco tutto.
Non capisco un cazzo.
Tranne i filmati fatti in lightwave di un’arcata dentale che francamente mi lascia alcune perplessità.
Io: scusa, ma come si chiamava il cavallo che hai fotografato per la simulazione in 3d?
Gigi: no, beh erano denti di un ragazzo. (serio)
Io: ah, l’hai curato tu?
Gigi: (zitto)
Io: beh, porta le mie scuse al ragazzo.
Gigi: non posso, non ho i suoi riferimenti (serio)
Gli do la pacca sulla spalla. Pat.
Poi M si mette la corona d’alloro e gira per l’università.
La sua piacevole collega Pollon, 110, va verso di lei.
Pollon (dice): M., all’ultima domanda che ti ha fatto il professore di anatomia non hai risposto correttamente. Strano non ti abbia detto nulla.
Pollon (pensa): non ti meriti il 105, tu non hai parenti in commissione.
Io: pat.
Ora. Pollon sembra una stronza ma in realtà è un fenotipo universitario molto comune.
Questi esseri errabondi che cercano di rovinarti uno dei giorni più rilevanti della tua vita li trovi dappertutto, e hanno preso tutti 110.
Quando entro da un dentista gli chiedo sempre di mostrarmi la sua laurea nel quadretto, per scappare in caso di 110.
In caso di lode gli rigo la macchina.