Mansarda, venerdì, ore 18:nn
Padre coraggio alla porta.
Apre e entra seguito da coro angelico in giacca, cravatta, bermuda.
Appena mi vede smorza il sorriso, si siede sul bracciolo della poltrona, mi fissa inquieto.
Pausa.
“ti sei confessata?”
mi giro dallo schermo del pc, corrugo le sopracciglia,
“no.”
sostengo lo sguardo.
Il vento sparge le stampe delle fatture primo trimestre 2004 ma noi immobili. Silenzio.
Sostengo lo sguardo.
L’aria dei tre metri che ci dividono è talmente carica di tensione che ti ci puoi sdraiare sopra.
Cala il sole, le nuvole si spostano ad ovest.
Una filippina sconosciuta ci passa il folletto vicino alle gambe e noi alziamo i piedi alternativamente senza abbassare lo sguardo.
Ci fissiamo.
Due ragazzi in passamontagna attraversano lo spazio visivo con il mio subwoofer sottobraccio, e escono dalla mansarda passeggiando.
arriva il primo tuono.
Le lenti a contatto nei nostri quattro occhi vibrano.
La luce si spegne, lui si alza dal bracciolo.
Si gira di spalle e sussurra: “Dove ho fallito?”
Poi uscendo sbatte la porta scardinando le cerniere.